Viviamo in un mondo in costante evoluzione, caratterizzato da rapide innovazioni tecnologiche, mercati sempre più interconnessi e catene di fornitura più lunghe e diversificate.
Questo contesto richiede alle aziende una maggiore capacità di adattamento rispetto al passato. In tale scenario, diventa essenziale riflettere attentamente sulle risposte che i meccanismi di governance aziendale devono offrire.
Il diritto societario italiano prevede tre modelli alternativi di governance, ciascuno con le proprie peculiarità e implicazioni. Questo articolo si propone di offrire una riflessione pratica, concreta e lontana da approcci puramente formalistici, rivolta principalmente a chi guida piccole e medie imprese (PMI). L’obiettivo è incoraggiare l’esplorazione di un modello di governance meno noto, ma dotato di significative potenzialità.
L’Italia è l’unico Paese in Europa, o probabilmente nel mondo, a prevedere nel proprio Codice civile tre sistemi di governance: il sistema tradizionale, il più diffuso ma anche il più complesso; il sistema dualistico, ispirato al modello tedesco; e il sistema monistico, snello e moderno, sulla scia del modello anglosassone. Ognuno ha pregi, difetti e costi che impattano diversamente sulle PMI. Confrontiamoli in modo pratico.
Prevede un Consiglio di Amministrazione (CdA) per la gestione e un Collegio Sindacale per la vigilanza, spesso affiancato dal revisore legale. Tra i vantaggi di questo modello c’è la chiarezza di ruoli: l’organo gestorio amministra, mentre il collegio sindacale e il revisore legale controllano. Inoltre, è un sistema rassicurante per banche e investitori, abituati alla presenza di un doppio livello di controllo.
Dall’altro lato, però, emergono alcuni svantaggi. Ci sono maggiori costi, perché la coesistenza di sindaci e revisori comporta duplicazioni e oneri aggiuntivi. C’è più rigidità, poiché la separazione netta tra gestione e controllo può rallentare il dialogo tra le parti. E infine è un modello tutto italiano, che all’estero non trova riscontro e spesso risulta “pesante” per le PMI e poco compreso dagli interlocutori stranieri. In sintesi, è una soluzione consolidata e rodata, ma per le piccole-medie imprese i costi e talune rigidità possono diventare un problema.
In questo modello è presente un Consiglio di Gestione, che amministra, e un Consiglio di Sorveglianza, che controlla e nomina il primo. Si ha quindi una netta separazione tra gestione e controllo, con un equilibrio di poteri che può risultare molto efficace. Un ulteriore punto di forza è il maggiore coinvolgimento dei soci, che possono far parte del Consiglio di Sorveglianza.
Di contro, si tratta di una struttura complessa e poco familiare alle imprese italiane, perlopiù di medie dimensioni, e in alcuni casi può portare a un rallentamento nei processi decisionali, perché il passaggio di informazioni tra i due consigli richiede tempo e formalità. In sintesi, il dualistico funziona bene per aziende di grandi dimensioni o con una forte impronta internazionale, ma appare ridondante e ingombrante per le PMI.
Il sistema monistico prevede un unico Consiglio di Amministrazione, al cui interno esiste un comitato di controllo (Audit Committee) composto da amministratori non esecutivi e indipendenti. Il controllo dei conti viene eseguito dal revisore legale. Questo porta diversi vantaggi: semplicità e costi ridotti, perché esiste un solo organo di governance senza duplicazioni; velocità decisionale, perché il controllo avviene all’interno dello stesso consiglio, facilitando comunicazione e allineamento; e una flessibilità che lo rende adatto anche a realtà più snelle e dinamiche come le PMI.
Tra i punti critici va considerata una certa minor familiarità culturale: molte imprese italiane non lo conoscono ancora bene. Inoltre, va gestito con attenzione il rischio di conflitti d’interesse, scegliendo membri del comitato realmente indipendenti. In sintesi, il sistema monistico offre una governance più efficiente e tendenzialmente meno costosa, con un dialogo continuo tra controllo e gestione. È, a nostro avviso, un’opportunità concreta da esplorare per le PMI italiane.
Le piccole e medie imprese, per loro natura, richiedono semplicità organizzativa, con strutture snelle e facilmente gestibili, controlli efficaci ma non oppressivi, evitando sovrapposizioni che pesano sui costi, e rapidità decisionale, con una comunicazione fluida tra chi amministra e chi vigila.
Il sistema monistico risponde perfettamente a queste esigenze. La possibilità di integrare la funzione di controllo direttamente nel Consiglio di Amministrazione, senza rinunciare all’indipendenza del comitato, rappresenta un compromesso equilibrato tra efficienza e responsabilità. Per le PMI, il sistema monistico rappresenta una scelta da considerare attentamente: è moderno, agile e più economico. L'integrazione tra l'organo di governo societario e l'organo di controllo favorisce una maggiore interazione e dialettica interna, migliorando la capacità dell'impresa di adattarsi alle esigenze del contesto aziendale.
Inoltre, grazie alla sua somiglianza con i modelli di governance internazionali, facilita il dialogo con investitori stranieri e mercati finanziari. Tuttavia, è importante ricordare che non esistono soluzioni universali: la governance aziendale deve essere sempre modellata sulla cultura dell'impresa, sugli obiettivi strategici e sul contesto esterno in cui opera.
Dopo aver analizzato i modelli italiani di governance, allarghiamo ora lo sguardo per confrontare dieci sistemi di governance aziendale a livello globale. Anche questo articolo avrà un taglio pratico: parleremo da utilizzatori e professionisti che vivono quotidianamente la sfida di individuare la soluzione migliore per ogni contesto, confidando sempre sull’irrinunciabile supporto e guida di esperti e studiosi di queste materie complesse.
Stati Uniti – Modello anglosassone (One-Tier Board): un consiglio unico con amministratori esecutivi e non esecutivi. Offre una struttura snella, decisioni rapide e una forte focalizzazione su risultati e shareholder value, ma presenta il rischio di squilibrio tra amministratori se i non esecutivi non hanno l’indipendenza necessaria.
Regno Unito – Modello anglosassone con controllo più rafforzato: simile al modello statunitense, ma con maggiore enfasi sulla corporate governance, grazie a codici di autodisciplina. Anche qui i vantaggi sono simili, ma si aggiunge un maggiore focus su trasparenza e gestione dei conflitti di interesse.
Germania – Sistema dualistico (Two-Tier Board): un consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza, con rappresentanti dei lavoratori inclusi nella supervisione. Offre equilibrio tra stakeholder e trasparenza, ma può rallentare i processi decisionali.
Francia – Scelta tra modelli monistico e dualistico: le imprese possono scegliere tra consiglio unico o sistema dualistico, con il vantaggio della flessibilità, ma anche con la sfida di individuare l’approccio migliore per ogni azienda.
Italia – Sistema tradizionale, monistico e dualistico: come già discusso, l’Italia offre tre modelli con prevalenza del tradizionale, caratterizzato dall’unicità del collegio sindacale con funzione di vigilanza indipendente.
Paesi Bassi – Modello olandese con Supervisory Board: struttura duale simile al modello tedesco, con maggiore focus sugli stakeholder. Garantisce equilibrio tra proprietà, gestione e controllo, ma può essere complesso per imprese meno strutturate.
Cina – Modello socialista di mercato: forte influenza statale e un board of directors supervisionato dal board of supervisor. Garantisce controllo centralizzato ma limita l’indipendenza del consiglio di amministrazione.
Giappone – Modello ibrido con Board of Directors e Auditor Board: un consiglio di amministrazione affiancato da un comitato di controllo interno. La struttura è definita e attenta alla continuità aziendale, ma meno indipendente rispetto al modello anglosassone.
India – Modello anglosassone con influenze locali: consiglio unico con comitati obbligatori, garantendo trasparenza e controllo, ma con la sfida di applicare rigorosamente le norme nelle realtà più piccole.
Brasile – Sistema ibrido con Board e Fiscal Council: coesistono un consiglio di amministrazione e un Fiscal Council, offrendo doppio livello di controllo ma con il rischio di sovrapposizioni e costi aggiuntivi.
Ogni sistema di governance nasce da contesti economici, sociali e culturali diversi, ma le sfide che affrontano sono comuni: come garantire un controllo efficace senza rallentare la gestione, come bilanciare il potere tra proprietà, management e stakeholder e come adattare il sistema alle dimensioni e alle esigenze dell’azienda.
Il modello perfetto non esiste. La chiave è scegliere quello che meglio risponde alle priorità strategiche e alla cultura aziendale. Governance non significa solo rispettare regole formali, ma saper creare un equilibrio virtuoso tra controllo, gestione e creazione di valore, facendo in modo che organi societari efficaci e competenti non rappresentino un costo ma un vero investimento.
Guardare alla governance con pragmatismo significa scegliere consapevolmente il modello che meglio supporta la crescita e la sostenibilità della propria impresa, trasformando un obbligo in una leva strategica.
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